Il martirio dei Santi Cosma e Damiano nella caldaia bollente
Olio su tela, cm. 124 x 103
Nel salone principale di Palazzo Sammartino a Palermo, dimora dei nobili Sammartino Ramondetta duchi di Montalbo, si conservava una tela sconosciuta al pubblico custodita dalla famiglia come un potente amuleto posto a protezione della intera stirpe, da generazione in generazione. Il quadro raffigura due Santi nimbati, uno più giovane ed imberbe e l’altro più anziano e barbuto, immersi in una caldaia bollente avvolti da un circolo convulso di aguzzini in fuga, da fiamme, angeli e tocchi di rosso brillante che si accendono e svolazzano come drappi leggeri al vento impetuoso. Su di uno sfondo scuro rianimato da bagliori di luce espressi in mezze pennellate è rappresentato il consumarsi del crudele martirio del fuoco. Partecipano all’evento, tra le nubi, gli angeli. Quattro di loro, in sembianze di adolescenti, manifestano una di fiduciosa calma rispetto alla folla di aguzzini e soldati quasi a voler sottolineare la vittoria della nuova religione su di un paganesimo ormai consumato e sgomento esemplato dall’idolo sottolineato dalla mano di uno dei malvagi e motivo della calunnia. Gli aguzzini si dispongono in basso e ai lati della composizione formando una “u” che rimarca e sottolinea, drammatizzandolo, il calderone bollente cosicchè, percettivamente, strumenti inanimati, fiamme e uomini vengono a far parte tutti della medesima tortura. L’artista riesce così a rendere pienamente la potenza del miracolo in atto. L’intervento divino, che scende dall’alto accompagnato dagli angeli incoronanti, non è discreto ma vistoso, teatrale. L’obiettivo è arrivare al massimo coinvolgimento emotivo dell’osservatore. La tela è di fondamentale interesse storico artistico e si pone quale prezioso tassello ai fini della ricostruzione della vita misteriosa e dell’attività pittorica di Pietro D’Asaro. Un’appassionante ricerca ha permesso di collegare questo suggestivo dipinto al «Monocolo di Racalmuto»