ASDA Reg. 1741-42, c. 480-485
Documenti autentici
delle Traslazioni di S. Gerlando Vescovo di Agrigento.
Nel Nome del Signore. Amen.
Nell’anno dell’Incarnazione del Signore 1742 nel mese di marzo il giorno 30 della V indizione, il secondo anno del SS. Padre e Signore nostro Benedetto XIV per divina provvidenza Papa, nell’anno settimo del serenissimo Carlo III di Borbone, infante di Spagna e Re delle due Sicilie, nell’anno dodicesimo dell’ill.mo e rev.mo don Lorenzo Gioeni dei Duchi di Angiò per grazia di Dio e della Sede Apostolica Vescovo di Agrigento, Consigliere Regio e Assistente al Soglio Pontificio, l’ill.mo e rev.mo don Lorenzo Gioeni dei Duchi di Angiò, commensale e cameriere onorario del SS. Signor Papa Benedetto XII, Conte del Sacro Palazzo, canonico e tesoriere di questa Chiesa Cattedrale di Agrigento, quarta dignità dopo il Pontificale, consigliere del Sant’Ufficio della SS. Inquisizione e Vicario Generale dell’ill.mo Signor Vescovo nelle cose temporali e in quelle spirituali, io Notaio Apostolico e Cancelliere di questa Gran Corte Episcopale e Terminatore Beneficiale della Cattedrale, dichiaro e attesto che, cadendo la festa della Traslazione del S. Padre Gerlando Vescovo e Patrono di questa Città nel giorno 8 aprile, che è la seconda Domenica dopo la Pasqua di Resurrezione del Nostro Signore Gesù Cristo dell’anno in corso, e poiché la grande Arca d’argento, artisticamente lavorata, in cui giace il Santo Corpo del Beato Padre Gerlando, era annerita dal tempo, convocati dai rev.mi don Giuseppe Bonditto e don Onofrio Contino, deputati della Maramma, con il consiglio del Capitolo, Stefano e Sigismondo Filippazzo, fratelli orefici di Agrigento,
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ed essendo stata da loro esaminata l’Arca, si deliberò di riportarla al primitivo splendore; fu perciò da essi aperta dalla parte superiore in presenza dell’ill.mo Vicario Generale, del canonico Bonditto dei rev.di Sacerdoti e Beneficiali della Cattedrale don Gioacchino Cicero sottociantro, don Pietro Antonio Cicero cappellano fratelli, e don Giovanni Andrea Trapanese, maestro delle cerimonie, e don Francesco Trapanese, anche loro fratelli, procuratore della Maramma. In essa l’ill.mo e rev.mo Vicario Generale trovò un’altra cassa di legno, coperta da un velo di seta, con la parte superiore bombata, volgarmente [detta] Bagullo, di circa tre palmi di lunghezza, con nastri di seta d’oro, adornata tutto intorno separatamente con perni di rame dorati, chiusa e con la chiave pendente dalla parte esterna. Al suo interno erano custodite le ossa del Beatissimo Vescovo; [il Vicario Generale], alla presenza di tutti gli astanti, aprì quella tirata fuori riverentemente dai Beneficiali dalla più grande Arca d’argento, e tutti si inginocchiarono e adorarono il Santo Corpo. Recitato l’inno “Iste Confessor” con l’orazione, guardò e tutti videro due sacchetti di seta di color verde chiusi, composti e legati con cordicelle anch’esse di seta con le ossa del SS. Vescovo. Accanto ai sacchetti, nella stessa cassa di legno, all’interno adornata tutta intorno con nastri di seta, che né l’ill.mo e rev.mo Vicario Generale né alcun altro osò aprire, trovò certi fogli di pergamena e un foglio di carta reale piegato e inserito sotto un altro mezzo foglio di carta reale, avvolto
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e legato con un nastro di seta. L’ill.mo e rev.mo Vicario Generale, tirati fuori i fogli di pergamena e il foglio, innanzitutto li consegnò a me Notaio Apostolico e Cancelliere da trascrivere e di nuovo chiuse la carta dinanzi a tutti, tenne la chiave presso di sé e, mentre gli Artefici lavoravano, io trascrissi i fogli di pergamena, il cui contenuto era il seguente.
Prima Traslazione 1264
Nell’anno dell’Incarnazione del Signore 1264, nel mese di Marzo della VII indizione, noi Rainaldo, Vescovo di Agrigento, alla presenza di Guglielmo tesoriere, del presbitero Filippo cappellano nostro, del presbitero Ruggero cappellano della Chiesa Agrigentina, di Enrico e Lamberto sacrestani, di Guglielmo chierico e cameriere nostro, di mastro Vincenzo pittore e mastro Nicola di Longombutto nostro notaio, abbiamo trovato e abbiamo messo dentro l’arca lignea, che abbiamo fatto dipingere dello stesso mastro Vincenzo, del corpo del glorioso confessore Beato Gerlando la testa divisa in due parti, le ossa mascellari con 6 denti, quattro grandi ossa delle tibie con due suoi cannelli (stinchi) e un osso grande del braccio e molti altri frammenti e anche frammenti dei suoi abiti con un bastone di legno.
Seconda Traslazione 1376
In nome del Signore. Amen.
Nell'anno dell'Incarnazione del Signore 1376, nel mese di Aprile
26 della XIV ind., nel sesto anno del Pontificato del SS.mo in Cristo Padre e
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nostro Signore don Gregorio XI per divina Provvidenza Papa,
il Rev. in Cristo padre e Signore Nostro don Matteo Vescovo Agrigentino
in presenza del suo Capitolo, cioè degli infrascritti Canonici, don Ludovico de Bonito, decretore Dottore canonico e Ciantro, don Pietro de Campo Decano, don Francesco de Villetro Arcidiacono, don Giovanni Malaspina, don Guglielmo di Sant'Angelo, tesoriere, don Bonomo Pace, don Bartolomeo Tauromenio, don Bonomo de Guagliardi Canonici di detta Chiesa, Avillano de Avillani, Gualtiero de Criscenzo, Matteo di Zarzano, e Nicola de Trana Giurati della Città di Agrigento, Syri Matteo de Criscenzo, Giacomo Carmignani e Notaio Giovanni Sisia giudici della predetta Città, Raynaldo de Bonito, Pietro Furmusa, mastro Corrado de Parisio Probiviri e Borgesi di detta Città, nonché il notaio Nicola de Carasbono. notaio del Signor Vescovo, e mastro Pietro de Bandino orefice fabbricante della presente cassa argentea, aprì e fece aprire la cassa lignea dipinta, nella quale era il Corpo del Beato Gerlando e, aperta detta cassa lignea, trovò in essa un foglio di Pergamena del tenor seguente cioé: Nell'anno dell'Incarnazione del Signore 1264 nel mese di marzo VII ind. Noi Rainaldo Vescovo di Agrigento, alla presenza di Guglielmo Tesoriere, del Presbitero Filippo Cappellano nostro, del Presbitero Ruggero cappellano della Chiesa Agrigentina, di Enrico e Lamberto sacrestani, di Guglielmo chierico e cameriere nostro, di mastro Vincenzo pittore e del mastro Nicola di Longobutto nostro Notaio, abbiamo trovato e posto dentro l'arca lignea, che dallo stesso maestro Vincenzo abbiamo fatto dipingere,
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del corpo del Glorioso Confessore Beato Gerlando la testa divisa in due parti, le ossa mascellari con sei denti, quattro ossa grandi delle tibie con due suoi cannelli (stinchi) e un osso grande del braccio e molti frammenti e anche frammenti dei suoi abiti con un bastone di legno; tutte queste cose furono trovate, come era espresso nel foglio, e lo stesso giorno le dette reliquie del Beato Gerlando sono state riposte nella cassa argentea dal detto signor Vescovo, alla presenza dei canonici e officiali e persone sopra nominate. Dato in Agrigento da me notaio Nicola nel predetto giorno, mese e indizione, alla presenza anche di Bernardo di Sant'Angelo e Federico di Grotta sacrestani di detta chiesa. E, interposto alquanto spazio nello stesso foglio di pergamena si leggeva quanto segue:
Terza Traslazione 1598
Nel nome del Signore. Amen.
Nell'anno dell'Incarnazione del Signore 1598, nel mese di marzo il 5 dello stesso, indizione XIa, nell'anno ottavo del Pontificato del SS. nostro Signore Clemente VIII per divina provvidenza Papa, il rev.mo signor don Giovanni Orosco Covarruvias Aleyda, Vescovo di Agrigento, alla presenza dei signori don Antonino Gualterio Dottore in Sacra Teologia Ciantro e canonico, don Tommaso de Leto Tesoriere e canonico, di don Giacomo canonico della stessa Chiesa Cattedrale, nonché dei signori don Cesare del Carretto, don Giuseppe la Ficarra, don Michele la Seta, don Ottavio la Russa Giurati della Città di Agrigento e anche del rev. Padre Aurelio Caposanto Vicario Generale dell'Ordine di Sant'Agostino, don Diego Sanches e mastro Matteo Glimpi orefice, aprì l'Arca lignea ornata sopra da lamine d'argento,
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nella quale erano riposte le reliquie del Corpo del Beato Gerlando Vescovo e Patrono della stessa Città, e in essa trovò il presente foglio di Pergamena e un altro il cui significato è il seguente. Letta diligentemente ed esattamente ogni parola, tutto ciò che in esse era contenuto fu trovato e lo stesso giorno le reliquie furono riposte nella predetta Cassa dallo stesso Vescovo che, poiché nello spazio di duecento trenta quattro anni da allora il logorio del tempo aveva consumato l’Arca sia all'interno che all'esterno, con tutte le sue forze procurò dai Signori Giurati che fosse restaurata in modo onorevole.
I quali Signori Giurati avvolsero in tessuti di seta le ossa e tutte le cose che erano state conservate in detta Arca, custodite in drappi di lino, e così ornata il detto Rev.mo Vescovo, presenti tutti i sopradetti, ripose nella predetta Arca e con la massima venerazione, come si conviene, la chiuse. E quello fu fatto poiché il predetto Rev.mo Vescovo che venerava con animo pio e ardente questa Arca, da quell punto della Chiesa, in cui fino a quel momento era stata custodita, affinché più agevolmente potessero essere venerate e piamente curate da quasi innumerevoli [fedeli] che da ogni luogo vengono con il desiderio di vedere le reliquie, nel mezzo dell’abside maggiore dove costruì una cappella a proprie spese, adornò con grande successo e procurò che vi fosse trasportata. Nel giorno e l'anno, sopra indicati. Infine, con il consenso dei Signori Giurati ad esortazione del Rev.mo Vescovo, per memoria e maggior devozione del popolo. lasciarono fuori il bastone,
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che fino ad allora era stato dentro la detta Arca, affinché fosse adornato con lamine d'argento. Giovanni Vescovo di Agrigento.
Invece, nei sopradetti fogli di Carta Reale, il contenuto era il seguente:
Gesù, Maria, Francesco. In nome del Signore. Amen.
Non esiste nazione o regno umano che non abbia trasmesso alla memoria gli atti individuali del proprio tempo, nel modo con cui era solito farlo, con parole o scritti, su papiro o tavoletta, su marmo o metallo, in prosa o in metrica. Le Sacre Scritture dell’Antico Testamento, che ripercorrono gli eventi a partire dalla creazione del mondo, certamente lo confermano; anche le Scritture del Nuovo Testamento lo confermano, ricordando il piissimo Avvento e la Redenzione del nostro Signore Gesù Cristo, e commemorando gli Atti dei Santi Apostoli: lo testimoniano le Piramidi d'Egitto, lo provano le pagine greche, lo insegnano le storie dei Latini, soprattutto dei Romani, che tra gli altri, sia nella scrittura che nell'intaglio del marmo e del bronzo, hanno segnato l'Europa e le parti africane e asiatiche del mondo, quando non le adornavano di monumenti, almeno le contaminavano, e tanto più diligentemente, quanto più le imprese da loro compiute riguardavano la loro religione profana. Pertanto, se i cristiani vengono educati come esempio per tutte le nazioni nella gloria di Dio, il Grande e l’Ottimo, e dei suoi Santi; se persiste la Cattolica Isola di Sicilia, se la città di Agrigento, se segue l'illustre e reverendissimo D. Francesco Traina, Palermitano, Vescovo di questa Chiesa di Agrigento, se il Capitolo della stessa Cattedrale, se il clero della Basilica e della città e l'intero corpo dei
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sacerdoti diocesani conferiranno un beneficio alla posterità, nel passato renderanno obbedienza, nel presente renderanno la lode dovuta a Dio.
Da qui deriva che quando le ossa del Santissimo Gerlando, Vescovo di Agrigento e Patrono, non furono conservate così decentemente come si conveniva, perché in realtà il posto, o piccolo sacrario tra le absidi, cioè la mediana e la meridionale, a sommità della scala traballante che conduce dalla sacrestia all’episcopio, era così stretto, così difficile a salire e scendere, così scomodo all’uno e all’altro sesso, alto e distante che sarebbe stato più adatto a conservare le reliquie o a mostrarle al popolo che ad aumentare o conservare la devozione. Forse, considerando questo, l’illustrissimo vescovo Traina, per ispirazione di Dio, come piamente possiamo credere, a sue spese, costruì, ornò, dotò e consacrò, intitolandola al Patrono, S. Gerlando, una vasta cappella, sul piano della chiesa, di facile accesso tanto agli uomini che alle donne, nella parte meridionale della basilica, dopo la cappella che una volta dal vescovo Ottaviano fu consacrata a S. Giovanni apostolo ed evangelista, a S. Leonardo e a S. Eligio, e in cui oggi è l’altare del Santissimo Sacramento, dalle fondamenta al titolo di San Gerlando Patrono a sue spese eresse e l’Arca, cassa, o monumento al corpo, di piccole dimensioni, di umile fattura, di scarso valore, consumata dall’età, dallo stesso Illustre e Reverendo Signore Don Francesco Traina da una piccola a una proporzionata grandezza, da quasi rustica a una molto elegante e ornata, da una materia di scarso valore ad un’altra più ricca, e da logora a nuovissima è cambiata o, maggiormente, restaurata.
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Quarta Traslazione 1639
Perciò, oggi 7 Maggio dell'anno della Salvezza 1639, VII ind., anno quindicesimo del Pontificato di Urbano VIII per Provvidenza divina nostro Papa, nell'anno terzo dell'Impero di Ferdinando III d'Austria augustissimo e invittissimo imperatore; nell'anno diciassettesimo del serenissimo e cattolico Re nostro e signore Filippo IV Re di Spagna e di Sicilia, dovendo fare la traslazione delle reliquie e delle ossa di S. Gerlando Vescovo e Patrono di Agrigento dalla cassetta e piccola Arca antica in quella nuova e dalla piccola cappella tra le pareti delle Tribune al nuovo Sacello, con il titolo dello stesso Santo, in presenza dell'infrascritto Canonico e Protonotario Apostolico, dei Giudici e dei Testimoni sotto nominati, a tutti sia noto e appaia con evidenza che, costituiti dinanzi a noi l'ill.mo e rev.mo Vescovo don Francesco Traina Palermitano, Cappellano Regio e Regio Consigliere, il Capitolo della Cattedrale cioè don Gabriele Salerno di S. Marco, S.T.D. Canonico e Ciantro, Priore di Ciminna, Protonotario Apostolico e Vicario Generale; don Giovanni Gisulfo Messinese, S.T.D. Arcidiacono; don Pietro Tomasino di Mussomeli e cittadino Palermitano, U.J.D. Canonico Tesoriere; il canonico Don Filippo Marino di Giuliana S.T.D.; il canonico don Gaspare Blasco di Sciacca S.T.D.; il canonico don Lorenzo Campora di Tagliacozzo cittadino romano, Protonotario Apostolico; il canonico don Cesare Malagrida di Como S.T.D; il canonico don Francesco Boccalandro Agrigentino Commissario ordinario della S. Inquisizione
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Protonotario Apostolico; il canonico don Michele Taormina da Licata U.J.Licenziato, il canonico don Francesco Tassone palermitano S.T.D.; il canonico don Antonino Bicchetta Agrigentino U.J.D.; il canonico don Giuseppe Paci Agrigentino; il canonico don Giovanni Belguardo Agrigentino U.J.D.; il canonico don Giacomo Montaperto Agrigentino; il canonico don Rocco Panepinto di Cammarata e il canonico don Tommaso Quaglia Agrigentino, tutto il clero sia della Chiesa che della Città di Agrigento, e l'adunanza dei Sacerdoti Diocesani, don Isidoro de Legar e Lorenzano Spagnolo Capitano delle Armi, inoltre Girolamo la Seta, Capitano della Città, Antonino di Fede Barone del Sonnaro, Gaspare di Fede, Ippolito Piamontese e Giovanni Battista Albano Giurati, Pietro Mallia, Barone della Fontana degli Angeli Secretario, e don Francesco Maria Montaperto, inoltre, e don Corrado Montaperto Deputati dall'ill.mo Signore per la cavalleria dei nobili e processione da fare in onore della festività.
Lo stesso ill.mo e rev.mo Signor Vescovo don Francesco Traina, indossati i paramenti pontificali con l'assistenza di un Diacono, di un Suddiacono, dei Maestri delle Cerimonie, degli Accoliti e altri che cantavano in coro, prontamente in Gregoriano e figurato l'inno “Iste Confessor etc.” dall'antica cassa, arca o monumento di S. Gerlando tutte le ossa dello stesso Santo, iniziando dal capo fino alle giunture dei piedi dal primo all'ultimo in presenza di noi, dei Giudici, dei testimoni e dei menzionati nella ornatissima cassa o arca o monumento d'argento, con le sue insegne portata e tirata fuori in modo decoroso, prese e tirò fuori e tutte le sante ossa umilmente e devotamente depose, nascose, conservò, incluse, chiuse e serrò con tre
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chiavi, delle quali una tenne per sé, la seconda diede al Capitolo, la terza consegnò ai Signori Giurati. E da allora codesta nuova cassa, arca o monumento argenteo portata processionalmente con lo stesso canto in mezzo alla Chiesa, testimonianza visibilissima eccelsa e ornatissima, è esposta alla venerazione di tutto il popolo, e infine condotta per la Città molto onorevolmente, riverentemente e devotissimamente, è stata traslata nella cappella sopra descritta o nuova Cappella con il titolo di S. Gerlando a gloria di Dio e ad onore del Santo Patrono.
Questi atti sono tutti nella Chiesa Cattedrale di Agrigento e a testimonianza futura e perpetua del fatto da me infrascritto richiesto sono stati resi pubblici con il giorno, l'anno e l’indizione precalendati, io U.J.D. don Giuseppe Caruso giudice; dagli atti di me don Lorenzo Campora, canonico agrigentino e protonotario apostolico.
Noi don Francesco Traina vescovo della Chiesa Agrigentina confermiamo che tutto è vero per mano nostra e sigillo. Francesco Vescovo Agrigentino.
Testimoni: don Giuseppe Traina ho preso parte a quanto sopra e firmo. Don Giovanni della Seta ho partecipato e firmo. Don Ludovico Montaperto ha partecipato.
Noi infrascritti canonici della Chiesa Cattedrale di Agrigento attestiamo che don Lorenzo Campora è Protonotario Apostolico e canonico nostro fratello, come si conviene, e alle sue scritture tanto pubbliche che private occorre prestare fede, come si deve prestare fede a tutto ciò che è contenuto in questo atto e tutti i testimoni abbiamo firmato il giorno 7 maggio 1639 VII ind. Don Gabriele Salerno canonico e ciantro Protonotario Apostolico e Vicario Generale, don Giovanni Gisulfo Arcidiacono, don Pietro Tomasino canonico e Tesoriere, don Filippo Marino canonico, Gaspare Blasco canonico, don Lorenzo Campora canonico, don Cesare Malagrida canonico, don Francesco Boccalandro canonico, don Michele Tavormina canonico, don Francesco Tassone canonico, don Antonino Bicchetta canonico, don Giuseppe de Paci canonico, don Giovanni Belguardo canonico, don Giacomo Montaperto canonico, don Rocco Panepinto canonico, don Tommaso Quaglia canonico.
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L’ill.mo e rev.mo Signor Vicario Generale compose i fogli di pergamena e il foglio di carta reale sopra descritti, affinchè il logorio del tempo non li distrugga e non siano danneggati dai secoli, nel modo in cui erano stati trovati in una cassa piccola di piombo oblunga rotonda e legati con una cordicella di seta di colore verde, appose dalla parte esterna sigilli in cera ispanica e sopra la cassetta di piombo fece incidere: Monumenti autentici delle Traslazioni del S. Padre Gerlando, che sono stati trascritti nella Cancelleria Vescovile il 3 aprile 1742: e questa [cassetta] fu riposta accanto ai sacchetti di seta e, infine, alla presenza delle persone indicate sopra, nonché anche del can. U.J.D. don Salvatore Marchese e del Can. U.J.D. don Gaspare Salerno e di altri, chiuse con reverenza la detta Cassa di legno o Bagullo, ricompose la chiave dalla parte esterna, come era stata trovata e, mentre tutti si inginocchiavano, ripetendo l'Inno detto sopra e l'orazione, la pose nella più grande arca d'argento circondata all'interno di tessuto di seta, già dai sopradetti Artefici dopo 4 giorni restituita al primitivo splendore, introdusse, compose e immise alla presenza di tutti. I medesimi Orefici, insieme al mastro Calogero Lauricella falegname, chiusero la grande Arca d'argento, come era chiusa in precedenza.